intervista di: Gabriele Vinciguerra

Come inizia la tua giornata lavorativa?

La mia attività lavorativa si sviluppa attraverso varie tipologie di lavori, dal fashion styling all’art direction. Sono titolare dell’agenzia Freelance Fashion, uno studio che si occupa di consulenze moda. La mia giornata non inizia mai nello stesso modo.

Dipende se si tratta di una giornata lavorativa in ufficio o in esterno. Se lavoro in ufficio la prima cosa di cui mi occupo è organizzare le varie attività con i miei collaboratori in modo da ottimizzare la gestione dei compiti da svolgere e la produttività. Se si tratta di una giornata su un set fotografico la giornata inizia con la trasferta e con la successiva organizzazione del set. Amo ogni fase del mio lavoro, che sia in ufficio con il mio team o in trasferta con i clienti.

Cosa significa essere una Fashion Stylist?

Fashion stylist è quella figura professionale che si occupa di creare stile in un servizio fotografico o in occasione di un evento o curando l’immagine personale. La principale attività consiste nell’abbinamento e nell’accessoriamento dei capi ma è ben di più! E’ un mestiere molto più complesso di quanto si possa immaginare.

Molti ragazzi sono affascinati da questa professione perché credono che consista nello sfoggiare look di stile e passare allegramente da un set all’altro ma in realtà servono tanti anni di preparazione e molta pazienza e costanza e una visione estetica consolidata da esperienza e cura dei dettagli.

Quanto è cambiata la tua visione estetica negli ultimi anni?

Lo stile resta il medesimo ma si adatta ai cambiamenti della società e al mondo che evolve. I settori in cui lavoro si sono ampliati. I servizi fotografici diventano vetrine social, in cui le necessità mutano. Attraverso la condivisione sui social network, il modo di mostrare uno stile è cambiato.

In quanto Fashion Stylist, esistono dei tratti distintivi che ti contraddistinguono?

Dicono che il filo conduttore che emerge sempre nei miei lavori sia una certa eleganza. Può essere! Indubbiamente io amo molto la femminilità e l’eleganza, che ritengo caratteristiche fondamentali nelle modelle con cui lavoro.

Sono attratta dai materiali preziosi e dai tagli sartoriali ma apprezzo anche lo stile innovativo e d’avanguardia dei giovani designer, che mi intrigano per la loro ricerca libera da imposizioni legate al marketing. Amo le geometrie e lo stile futurista, ma sono altrettanto intrigata dal vintage e dai mercatini, in cui ricercare pezzi unici che portano memorie di altri tempi e personalità del passato.

Qual è stato il progetto che ti ha appassionata maggiormente?

Una della attività che mi appassiona di più nel mio mestiere è creare editoriali di moda. Si tratta di servizi per i magazine in cui è necessario sapere narrare una storia attraverso una serie di immagini. Tanto più la storia è coinvolgente ed appassionante più sarà possibile ottenere una base solida su cui fondare il servizio.

Il mio preferito è un servizio fotografico realizzato qualche anno fa in una villa abbandonata vicino al Lago di Ginevra, seguendo uno storytelling molto suggestivo che ha appassionato tutto il team creativo. L’editoriale è stato pubblicato su Elle nel 2018 ed è dedicato a Grey Gardens, un documentario/intervista del 1975 che negli anni 2000 diventò un film.

La storia narra la vita di Little Edie e Big Edie Bouvier, parenti di Jacqueline Kennedy Onassis. Le due eccentriche protagoniste sono vissute tra gli anni ’30 e gli anni ’50 nel lusso newyorkese.

Dopo l’abbandono del marito, cominciò per Big Edie un declino economico e sociale che la portò a vivere in totale abbandono e povertà, trascinando con lei anche la figlia Little Edie. La loro villa a quattordici stanze negli East Hampton, diventò da luogo di feste dell’alta borghesia a una gabbia sudicia, colma d’immondizia e animali randagi. Il fascino di questa storia sta nella pazzia e nell’eccentricità delle due protagoniste che, nonostante tutto, mantennero un forte senso di lusso stravagante e il desiderio di divertimento.

Nella nostra location, piena di polvere, muschio, edera incolta, mobili rotti in legno, costosa carta da parati strappata, era come se tutto trasudasse ispirazione. La fotografia di moda è spesso un imponente apparato di produzione che coinvolge logistiche degni di un kolossal cinematografico. Così è stato in questo caso! I dintorni del lago di Ginevra si sono trasformati negli East Hampton newyorkesi.

La villa abbandonata, trovata con cura dall’art director e set designer Angela Hertault, trova il suo punto di forza nella sua decadenza e rappresenta perfettamente il fascino del declino vissuto dalle nostre due protagoniste. La ricerca che abbiamo fatto su queste donne è stata molto interessante. In questo shooting abbiamo ripercorso le loro vite così inusuali ma ricche di emozioni e storia vissuta. Divertente ed intrigante creare i look per le due modelle, entrambe goffe femme fatale.

Little Edie portava sempre foulard annodati e arricchiti con spille e gioielli per nascondere l’alopecia; era sempre truccata in modo trasandato ma mai senza un filo di rossetto, senza dubbio sinonimo di una certa accuratezza nel completare il look. Era solita tenere le gambe scoperte con shorts e gonne. Entrambi questi elementi sono fortemente presenti nei trend autunno-inverno 2018, in cui è uscito l’editoriale.

Affascinante anche l’idea di lavorare con una modella che potesse interpretare al meglio la personalità di Big Edie: Carmen Viva Meier, una modella anziana dalla pazzia inusuale e un’eccentricità fuori dal comune. Carmen ha amato la storia che doveva interpretare e adorava indossare i capi che erano stati scelti per lei. Si è immedesimata perfettamente nei panni di Big Edie. I suoi outfit erano stratificati, in quanto Big Edie era solita indossare capi uno sopra l’altro, abbinando materiali e colori in modo casuale, dando vita ad outfit dalle combinazioni inaspettate.

Una sorta di mix and match contemporaneo. Le due protagoniste erano sempre e comunque ancorate a quella che era stata la loro agiatezza, nonostante fossero in condizioni disagiate. Con un mood di questo tipo la creatività di ognuno di noi era spinta al top.

E’ stata per noi, senza ombra di dubbio, un esperienza indimenticabile; tutta la troupe si è adoperata a creare uno shooting di alto livello e ognuno ha fatto in modo che la storia fosse sviluppata nel migliore dei modi ricollocandola ai nostri giorni.

Oggi cambiano i modelli di riferimento. La moda esprime la sua visione creativa anche alle differenze di genere. Cosa ne pensi?

La moda è da sempre comunicazione; da secoli non è solo un modo per coprirsi ma è un modo per esprimere sé stessi e la propria cultura per comunicare i propri valori e convinzioni.

Se pensiamo alla distinzione marcata tra abbigliamento maschile e femminile e a come il ruolo della donna sia stato nella storia espresso attraverso forme di abbigliamento, più o meno rigido e casto, fino a esprimere una vera e propria ‘liberazione’ o, ancora oggi, scelte e dettami religiosi con il concetto della modest fashion.
Il genderless è uno dei grandi temi della moda da cui sono sempre stata affascinata Da sempre amo le donne vestite al maschile ma negli ultimi anni questa tendenza ha spostato ulteriormente le linee creando outfits e proposte di stile che cancellano i confini tra femminile e maschile.

Ci sarebbe molto da parlare riguardo all’identità fluida e all’utilizzo di abiti e accessori che passano da un armadio all’altro e a questo trend che unifica maschi e femmine in un’unica identità.

Perché è così importante la presenza sui social media?

Le persone passano decisamente tanto tempo online su internet e sui social. E’ impensabile per un brand di moda o per professionisti attivi in questo settore non avere una presenza attiva sui social media. Una buona strategia di Fashion Social Media Marketing è fondamentale.

Nel mio libro “Come diventare Fashion stylist “ dedico anche una parte a come presentarsi sui social media perché lo ritengo un aspetto fondamentale della professione al giorno d’oggi.

Dalla carta stampata al web magazine, una evoluzione del nostro tempo, o la rivista ha ancora un fascino ed un valore insostituibile?

Adoro sfogliare le pagine di un libro o di una rivista. Leggere riviste anziché web magazine favorisce l’instaurarsi di un legame emozionale con l’oggetto fisico, che si può toccare con mano, scrivervi note sulle pagine, trasformarlo in uno strumento per fare altre cose.

Nel mio caso uso spesso le pagine anche per fare moodboard cartacei da appendere sui set fotografici. Mi piace collezionare riviste e ritrovarle per sfogliarle nel tempo.

Vedere i miei servizi pubblicati sulle riviste che conservo è una soddisfazione superiore a conservare le immagini su una chiavetta usb o hard disk.

Cosa ti rende felice?

Mi rende felice esser circondata da persone positive, creative e solari. Mi rende felice viaggiare e scoprire posti nuovi . Mi rende felice avere i miei gatti che mi fanno le fusa e mi rilassano.

Mi rende serena vivere in campagna e alzarmi alla mattina sentendo il cinguettio degli uccellini.

Mi rende felice vedere mio figlio che cresce bene e sapere che mi vuole bene anche se per un adolescente non è facile esprimerlo. Mi rende felice avere un lavoro che mi piace e un marito che mi rispetta.

Guardandoti allo specchio, come definiresti Manuela Mezzetti?

Bellissimo tema quello dello specchio. Questo oggetto magico che può essere usato per mille set fotografici. Potrebbe essere un’idea quella di avere lo specchio della perfida regina di Biancaneve per avere la giusta carica per darti la miglior definizione di me stessa.

Ma meglio essere onesti e vedere la pura realtà. Specchiandomi vedo una donna che lotta per fare qualcosa di buono ogni giorno, tra l’essere mamma, moglie e lavoratrice.
Se mi guardo oltre la superficie e cerco risposte più dentro potrei chiedermi se sto facendo ciò che mi rende felice e mi pare di sì.

Come dice Indro Montanelli: ” Se ogni mattina ci si guarda alla specchio senza arrossire, contentatevi!”
E io mi posso dire contenta!